“Quest’anno la Giornata internazionale della donna, non può certo dimenticare ciò che sta succedendo in Ucraina in questi giorni drammatici. Per questo voglio volgere un pensiero a tutte quelle donne ucraine che la vita ha posto di fronte a una sfida inimmaginabile fino a due settimane fa. Dal 24 febbraio il pensiero di ognuno di noi è fisso in Ucraina. Probabilmente perché questa volta la guerra è davvero arrivata in Europa dopo che, a seguito del catastrofico secondo conflitto mondiale, avevamo detto ‘mai più guerre’. Per questo è tremendamente difficile, se non impossibile, immedesimarsi con quelle donne che corrono con i figli in braccio, che cercano di salire su treni o pullman gremiti alla ricerca di un posto più sicuro, che cercano di calmare il proprio bambino con sorrisi, giochi e libri, di coprirlo perché l’inverno ucraino è freddo, di spiegargli perché invece che trovarsi a correre in un parco si trovano a giocare in un bunker sotterraneo o in una metropolitana, perché invece che essere al caldo nel loro letto si trovano per terra stesi sopra delle coperte e degli stracci. Ci sono anche giovani donne che hanno partorito sottoterra, come la piccola Mia nata venerdì scorso in una metropolitana, perché la vita non si ferma nemmeno di fronte alle bombe. Alcune madri sono riuscite a fuggire con il proprio figlio oltre il confine e hanno dovuto spiegar loro perché il padre invece, dopo un bacio e un abbraccio, è tornato indietro per far parte della resistenza ucraina. Ci sono poi donne che hanno deciso di non andarsene, bensì di rimanere e combattere al fianco degli uomini, persino al prezzo di rischiare di non vedere crescere più il proprio figlio. Allo stesso tempo ci sono donne, penso a quelle polacche, che lasciano da giorni numerosi passeggini con coperte per neonati sui binari delle stazioni, per aiutare le madri ucraine in fuga, pienamente consapevoli di quello che stanno vivendo”.
“Non possiamo poi dimenticarci di quelle donne che in questi giorni stanno manifestando contro la guerra in molti paesi del mondo. Questo sta avvenendo anche in Russia, dove migliaia di donne stanno scendendo in piazza con in braccio il proprio figlio per dire basta guerra, per portare fiori di fronte all’Ambasciata ucraina, ma con una differenza: anziché tornare a casa vengono arrestate, magari insieme a bambini che avevamo in mano un semplice disegno fatto da loro con un arcobaleno, una colomba e una bandiera ucraina, rei di aver manifestato contro Putin e le sue azioni criminali”.
“Vediamo quindi donne presenti nei posti in cui questa guerra si subisce, in cui si soffre e si prova a resistere, ma quasi mai nelle stanze dove tutto si discute e si decide, non in quei lunghi tavoli maschili dove contano i territori controllati, le armi usate, i nemici catturati e i confini da ridisegnare, ma non la vita umana. In questi primi giorni di guerra abbiamo conosciuto, specialmente grazie ai social network, tanti esempi di quell’energia femminile che è l’antitesi dell’energia distruttiva di chi vuole la guerra. Per questo voglio dedicare questa Giornata a loro, perché troppo spesso le donne e le loro esperienze, soprattutto in questi momenti drammatici, vengono messe in secondo piano di fronte agli uomini che fanno parte di eserciti e governi. Il ricordo delle donne si perde troppo spesso nelle righe dei libri di storia. È stato così anche nei due conflitti mondiali, quando milioni di donne, pur non essendo partite per il fronte, hanno cresciuto figli senza alcun aiuto, hanno lavorato nelle fabbriche, nelle case, negli ospedali, senza aver poi ricevuto alcuna medaglia. Hanno sofferto in silenzio la distanza dal marito o dal figlio mandato in guerra. Per tutti questi motivi l’8 marzo 2022 lo dobbiamo dedicare alle donne ucraine che stanno soffrendo, combattendo, fuggendo, così come a tutte quelle donne russe che stanno scendendo in piazza per chiedere la pace. Ma non solo, oggi non possiamo dimenticarci e quindi dobbiamo ricordare anche tutte quelle donne che, in contesti simili in numerose parti del mondo, combattono quotidianamente per la loro emancipazione e la loro libertà, penso alle donne afgane, curde, siriane e a tutte quelle che muoiono, senza pesare sulle coscienze di gran parte dei politici di destra, nel Mediterraneo. Oggi più che mai le loro vite sono intrecciate alle nostre: la loro dignità è la nostra dignità. La loro libertà è la nostra libertà”.