“Lo Stato finora ha speso, secondo le stime, circa 33,3 miliardi di euro per il bonus 110%. Questa cifra ha reso possibili 26.663 asseverazioni condominiali, 91.444 asseverazioni in edifici unifamiliari e 54.338 asseverazioni in unità immobiliari indipendenti. Questo investimento ha portato il settore edilizio a risollevarsi, contribuendo alla crescita del Pil italiano ma, allo stesso tempo, non possiamo negare il fatto che abbia comportato anche effetti negativi, da un lato un ulteriore rialzo dei prezzi, già in aumento per altre cause, per i privati e per lo Stato e, dall’altro lato, fatto ancora più grave, una mole di truffe accertate dalla Guardia di Finanza per oltre 5,6 miliardi di euro, dipese dai diversi bonus edilizi vigenti, non solo 110% ma anche 90%, per esempio. Negli ultimi quattro mesi sono aumentate del 25%. L’ultima in ordine di tempo è anche una delle più consistenti. La Guardia di Finanza di Frattamaggiore ha individuato e sequestrato 770 milioni di euro di crediti fiscali legati al superbonus in Campania per lavori mai effettuati. Oltretutto, delle 143 persone coinvolte ben 100 sono risultate destinatarie del Reddito di Cittadinanza. Anche questa è un’ingiustizia nei confronti di quei cittadini onesti ma soprattutto bisognosi di un reale sostegno economico da parte dello Stato. Per quanto riguarda le truffe è assolutamente necessario aumentare sempre più i controlli e apportare modifiche alla norma, ad esempio le imprese ammesse a prestare la propria opera incentivata devono avere una qualificazione che vada oltre la semplice iscrizione in Camera di Commercio e un codice Ateco che chiunque può ottenere facilmente. A causa di ciò troppi si sono affidati a improvvisatori, subendo spesso frodi e truffe, oltre che lavori eseguiti male. Misure tampone fondamentali per permettere alle imprese di chiudere i cantieri aperti e incassare i crediti”.
“Ci preoccupano le difficoltà per quelle decine di migliaia di imprese della filiera delle costruzioni che non riescono più a cedere i crediti legati al bonus, spesso a fronte di lavori già eseguiti, a causa del congelamento del mercato. Si parla del 15% di crediti bloccati, pari a 2,6 miliardi di euro di sconti non monetizzabili. Da questo punto di vista serve un intervento rapido da parte del Governo e, ad oggi, l’ipotesi su cui sta lavorando il Mef permetterebbe di cederli non solo a banche e clienti professionali, com’è adesso, ma anche alle partite Iva. La norma, dunque, escluderebbe solamente i consumatori. Un intervento da questo punto di vista è urgente per sbloccare quei crediti rimasti bloccati nei cassetti fiscali di costruttori e general contractor che rischiano di bloccare cantieri o, in molti casi, di far fallire migliaia di imprese imbottite di crediti fiscali ma senza un centesimo liquido. Si parla di 33 mila imprese a rischio di chiusura, 60 mila a corto di liquidità, 150 mila posti di lavoro. Dunque, la priorità in questo momento non deve essere una proroga del bonus ma lo svuotamento dei cassetti fiscali e quindi la messa in sicurezza di imprese e lavoratori”.
“Siamo convinti che il nostro Paese debba saper guardare anche oltre al superbonus, che ha individuato quelle che sono alcune necessità, tra cui la messa in sicurezza antisismica del nostro patrimonio abitativo e la grande emergenza di risparmio energetico, ma non ha rappresentato la soluzione ottimale. L’Italia non può più permettersi di andare avanti con bonus su bonus, che rappresentano una spesa altissima per le casse statali e comportano un ritorno dal punto di vista della crescita relativo e soprattutto non duraturo. Inoltre, gli incentivi, specialmente nel settore dell’edilizia, hanno bisogno di programmazione a medio lungo termine, di certezza e stabilità nel tempo. L’esatto contrario delle oltre 30 modifiche alle norme che hanno alimentato, e continuano ad alimentare, soltanto incertezza e confusione. Calibrare bene gli incentivi fin da subito è la premessa per il loro buon funzionamento. Infine, gli incentivi non devono mai essere un doping che altera il mercato ma devono essere sostenibili in funzione di obiettivi chiari e misurabili. Il superbonus, e gli altri incentivi, dovevano servire a rimettere in piedi imprese che si erano destrutturate negli anni di crisi e a formare quella manodopera divenuta oggi merce sempre più rara. Un cuscinetto per risollevare l’edilizia e renderla anche pronta alla grande sfida del PNRR. Non devono però costituire la politica industriale del settore, che invece dovrebbe essere fatta da un nuovo sistema regolatorio su aspetti urbanistici ed edili, fermi a normative degli anni ’40 o ’50. Servono leggi coraggiose di rigenerazione urbana, come abbiamo fatto in Emilia-Romagna e a Cesena, anticipando i tempi rispetto al livello nazionale. Serve un codice degli appalti che consenta di operare e che non debba aver bisogno di continui cambiamenti e deroghe. Servono leggi serie contro il lavoro nero e per la sicurezza nei cantieri. Insomma, servono regole certe e chiare che diano stabilità al settore”.