Un percorso di ascolto e ragionamento collettivo capace di non far smarrire il senso del fare politica insieme e dell’essere una comunità-partito, all’interno della quale si può partecipare per dare un contributo attivo alla costruzione di una società diversa e migliore.
La nostra fase costituente, a cui abbiamo voluto dedicare tempo ed energie, si è orientata a un dibattito sui temi, piuttosto che sui nomi, e su importanti quesiti identitari che riguardano la collocazione del Partito Democratico all’interno del dibattito politico del Paese.
Partendo da qui, il primo quesito che i circoli si sono posti è quello che riguarda le priorità politico-programmatiche. Il tema ritenuto maggiormente prioritario è quello che riguarda il lavoro, l’equità salariale e la giustizia sociale. I partecipanti alle assemblee hanno presentato il tema del lavoro partendo da un punto di vista complessivo e multiforme, ovvero da una parte è ritenuta prioritaria la creazione di nuovi posti di lavoro e uno sviluppo che veda come valore aggiunto proprio le competenze dei lavoratori e, dall’altra, un tema di equità salariale. Un impegno prioritario e preciso che si deve assumere il PD è quello che riguarda la lotta, anche dall'opposizione, alle forme della precarietà del lavoro che sono, insieme al lavoro povero, la palla al piede più pesante per i progetti di vita delle giovani generazioni.
Si respira nella nostra società, sempre più, un problema di salari bassi, dovuto anche alla pressione fiscale. Indispensabile è anche un avanzamento dei diritti dei lavoratori e una maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro. Tra i temi concreti è emerso il salario minimo, ritenuto una battaglia strategica da portare avanti nei prossimi mesi anche dai banchi dell’opposizione.
In definitiva, il dibattito sul lavoro ha benissimo riassunto quello che è l’articolo 4 della Costituzione, in cui il lavoro rappresenta il modo per garantire la piena realizzazione del cittadino e in cui lo Stato non si limita a mera regolazione ma proponga un’idea di lavoro, che riguarda tanto lo sviluppo del Paese quanto la vita dei cittadini.
Altro tema inserito tra le priorità da cui ripartire e rilanciare l’azione politica del PD è quello che riguarda la difesa, l’investimento e il ripensamento dei cardini dello stato sociale: sanità, welfare e istruzione. Questi tre beni pubblici, architrave dello sviluppo del nostro Paese nella seconda metà del ‘900, sono stati per l’Italia, e soprattutto per l’Emilia-Romagna, un moltiplicatore di eguaglianza sociale e un caposaldo di lotta alle diseguaglianze. Il fatto che iscritti e simpatizzanti nominino sanità, istruzione e welfare come priorità programmatiche deve allarmare, perché questo significa che inizia a diventare palese da un lato il disinvestimento da parte dello Stato centrale rispetto a queste politiche e, dall’altro, la necessità di ripensarle e modernizzarle facendo seguito alle mutate esigenze della società italiana.
Da questo punto di vista, pensiamo al tema dell’invecchiamento della popolazione, che richiede un ripensamento dei servizi socio-sanitari e del welfare, anche nelle sue articolazioni locali; così come sul versante della sanità pubblica e universale dove, non solo la pandemia ma anche le grandi innovazioni da un punto di vista tecnologico che riguardano le strutture ospedaliere e la necessità di tenere insieme punte di alta eccellenza dal punto di vista delle prestazioni ospedaliere e un sistema integrato di presidi territoriali, ci obbligano a riprogrammare risorse umane ed economiche. Una priorità, su questo tema, è sicuramente la carenza di medici di base, specialmente in alcune zone del Paese, quindi necessaria e urgente è la riforma della medicina generale.
La terza sfida sui beni pubblici, segnalata dai partecipanti al dibattito, riguarda la scuola, anch’essa cardine del progresso italiano, da troppo tempo vittima di tagli e riforme che non ne hanno permesso un ripensamento rispetto alla società di oggi. Il rischio sulla scuola è che i servizi educativi e scolastici subiscano una vera e propria polverizzazione, senza un modello nazionale pensato per lo sviluppo del Paese ma frammentato in mille piccoli modelli locali, spesso opachi, in cui il principio della giustizia sociale e delle eguali opportunità per cittadini e famiglie si dissolva in una galassia di servizi in cui il pubblico non riesce più a impostare un pensiero su un modello comune. Dai circoli emerge una forte richiesta di maggiori servizi anche sul lato dell’infanzia, con l’assunzione dell’asilo nido come vero e proprio servizio educativo, all’interno di un modello unico che va dal nido alla fine dell’obbligo scolastico, e come strumento di sostegno alle giovani famiglie che devono avere la certezza di avere il supporto dello Stato nel divenire genitori. Nella ricerca di questo nuovo modello scuola, una priorità evidenziata è quella dell’estensione del tempo pieno a tempo scuola principale, perché la vera sfida, più che l’acquisizione di competenze e nozioni, è quella che riguarda la battaglia contro la povertà educativa e l’esclusione sociale. Tutto ciò è possibile solo attraverso una scuola che includa e costruisca un vero e proprio percorso di socializzazione della società italiana.
Ultimo tema ritenuto prioritario è quello che riguarda la sostenibilità ambientale. Il partito deve avere una chiara e lungimirante strategia energetica per rivoluzionare il Paese da qui ai prossimi 50 anni. Basta con le dipendenze da altri Stati e stop alla riproposizione delle vecchie fonti inquinanti Occorre non solo puntare a un piano di ampio respiro per diversificare le fonti di energia pulita, ma anche mettere in campo quegli interventi innovativi e strutturali che servono, confrontandosi innanzitutto con i territori e con gli amministratori locali che conoscono le problematiche dei luoghi nei quali queste politiche devono essere attuate. La sfida delle riconversione energetica e dell’economia deve trovare posto nella nuova agenda di integrazione europea che farà ulteriormente progredire il sogno degli Stati Uniti d’Europa. Dopo aver affrontato uniti la sfida pandemica, ora dobbiamo affrontare quella per un’Europa ecologica e democratica basata su uno sviluppo sostenibile.
Il secondo tema affrontato riguardava la conduzione dell’attuale legislatura parlamentare e, pressoché all’unanimità, i partecipanti hanno chiesto a gran voce una legislatura di opposizione, responsabile e propositiva, dedicata al rilancio delle proposte programmatiche del Partito Democratico e alla riconnessione con diversi strati della società. In sintesi, meno dinamiche correntizie e un’attività politica più vicina ai problemi e ai bisogni dei cittadini, a discapito di compromessi e real politik che, in questi anni, ha danneggiato il PD.
Saremo pronti a tornare al Governo solo dopo aver vinto le elezioni, dunque con il consenso popolare, evitando così di consumare l’efficacia delle nostre proposte, inevitabilmente mutilate da compromessi al ribasso dettati dai governi di larghe intese e da errori politici.
Un terzo ragionamento ha riguardato il partito e le sue forme di partecipazione, anche locali, per rilanciare l’azione politica del PD. La prima convinzione è quella che riguarda i circoli, che devono tornare a essere pienamente luoghi di iniziativa e di azione politica sui problemi della collettività locale. Allo stesso tempo, è fondamentale cominciare a organizzare incontri e momenti di confronto anche fuori dalle sedi del partito, con l’obiettivo di coinvolgere sempre più anche i non iscritti. Nella consapevolezza che è solo partendo dal mettere in campo iniziative politiche concrete che si sollecita interesse e partecipazione diretta. La partecipazione va poi implementata aprendo al confronto e alla collaborazione con le forze civiche, sociali e culturali esistenti sul territorio, dai sindacati al terzo settore. Inoltre, si possono mettere in campo sui temi concreti anche forme di consultazione diretta di iscritti e militanti, trovando per questo le modalità più adeguate. Serve poi maggiore comunicazione e dialogo tra i vari livello del partito, dal locale al regionale, fino al nazionale. Tutto ciò è necessario per far si che il nostro partito rimanga una comunità politica e non divenga un comitato elettorale. A questo fine è necessario mettere in campo anche momenti di formazione, partendo dai giovani. Per quanto riguarda la dirigenza nazionale, a gran voce si chiede una politica fatta più fra la gente e un’immagine meno settaria di tecnici della politica.
Consapevoli che tra i temi ricorrenti nelle ultime legislature ci sia stato quello delle riforme costituzionali, che sono state un tema che ha diviso l’opinione pubblica e su cui troppo spesso all’interno della nostra comunità politica non vi è stata una discussione a bocce ferme, riteniamo che la nostra Costituzione vada pienamente attuata, soprattutto laddove si richiama ai valori di eguaglianza e di giustizia sociale, affermando i diritti universali alla salute, istruzione e lavoro dignitoso. Per quanto riguarda l’ordinamento dello Stato, la discussione si è orientata a un netto “no” al presidenzialismo, certi che il Presidente della Repubblica debba mantenere la funzione di garante del gioco democratico e della Costituzione; un altrettanto netto “no” è stato detto a gran voce nei confronti della proposta di autonomia differenziata, che metterebbe in discussione il diritto di eguaglianza di ogni cittadino italiano davanti ai diritti universali come la sanità e l’istruzione. Affermato ciò, si possono affrontare problemi che pure esistono: quello della stabilità dei governi, che si può risolvere introducendo lo strumento della sfiducia costruttiva da parte del Parlamento; quello del bicameralismo perfetto, introducendo distinzioni di competenze tra Camera e Senato; quello del Titolo V e della sua attuale formulazione poiché, come dimostrato anche durante la pandemia, si producono troppo spesso conflitti di competenza tra Stato e Regioni.
Abbiamo analizzato il tema dell’identità del nostro partito. Il patrimonio identitario del PD, secondo le convenzioni dei circoli, poggia sulla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, sui suoi valori di democrazia partecipata, uguaglianza e giustizia sociale. La Costituzione italiana, infatti, a differenza di altre costituzioni democratiche, ha un preciso indirizzo sociale e programmatico frutto dell’incontro tra le due culture politiche novecentesche, quella comunista e socialdemocratica e quella cattolico sociale, che sono poi confluite dando origine al PD, e incentiva la promozione e l’attuazione dei diritti sociali universali al lavoro, all’istruzione, alla salute, alla parità di genere e alla partecipazione attiva. Nella difesa e nell’attuazione della Costituzione c’è dunque il patrimonio e l’identità politica del Partito Democratico.
Questa è la sintesi più accurata di tutti gli elementi identitari emersi nei vari dibattiti, a ciò si aggiunge una menzione speciale per la questione morale e la richiesta di fare del Partito Democratico un presidio, in questo senso, anche attraverso la testimonianza e di comportamenti di chi lo rappresenta.
Nel suo complesso emerge una grande richiesta di uniformare i comportamenti individuali della classe politica con i valori che essa deve rappresentare. Non si può infatti perseguire inclusione, solidarietà, equità, difesa dei più deboli e lotta alle diseguaglianze se questo tipo di valori non vengono incarnati dalla nostra classe politica. È questo, per i nostri iscritti e militanti, un tema prioritario.
Tutto ciò richiamato finora non può prescindere da un’organizzazione dell’attività politica che metta al centro gli iscritti e i militanti, valorizzandone il ruolo attivo, tanto nell’ascolto quanto nell’elaborazione politica e in un reale potere di indirizzo nella vita politica a tutti i livelli. Un tema molto sentito è anche quello che riguarda la restituzione agli iscritti della funzione di individuare le candidature. Candidature, dunque, che devono essere espresse dal territorio, permettendo così agli aderenti alla nostra comunità politica di esercitare una sorta di funzione di controllo sull’operato dell’eletto stesso e rinnovando quel rapporto di fiducia tra eletti ed elettori che, senza il ruolo dei partiti di massa, si è ormai sfilacciato.
In conclusione, siamo convinti che il Partito Democratico debba recuperare le ragioni per cui è nato nel 2017, innovando le proposte politiche e rinnovando la classe dirigente per recuperare quella credibilità necessaria per un vero e forte rilancio politico. Al nostro Paese serve infatti un partito di centrosinistra che sappia essere propulsore di innovazione e cambiamento, non garante degli equilibri esistenti, ma aperto e combattivo, specialmente di fronte a questa destra eversiva e reazionaria. Una destra che batteremo solo se saremo in grado di recuperare l’ambizione di cambiare radicalmente il Paese e di farlo conquistando consenso e promuovendo partecipazione dal basso.