L’autonomia regionale differenziata è ormai un obiettivo di tutto il governo. Giorgia Meloni l’ha fatta sua senza riguardo per le conseguenze sull’unità nazionale.
L’obiettivo del governo è cambiare radicalmente il volto del Paese, mutare le modalità di attuazione dei servizi e delle politiche pubbliche e, in conclusione, attuare la “secessione dei ricchi”. Questa è, infatti, la filosofia del ddl Calderoli: i cittadini delle regioni più ricche del Nord avrebbero per legge maggiori diritti di chi abita nel Centro/Sud.
L’autonomia differenziata è l’istituzionalizzazione delle diseguaglianze esistenti, la negazione di ogni spazio di giustizia sociale e di solidarietà nazionale a favore dell’egoismo territoriale e della dannosa competizione tra territori di uno stesso paese che dovrebbero invece collaborare.
L’ipotesi è di conferire alle regioni competenze strategiche come l’istruzione; i porti e gli aeroporti, le grandi reti di trasporto e navigazione; la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; la ricerca scientifica e tecnologica, il sostegno all’innovazione per i settori produttivi; i rapporti internazionali e con l’Unione Europea della regione; il commercio con l’estero. Ma davvero si può pensare che una regione di tre, quattro, cinque milioni di abitanti possa gestire in completa autonomia materie tanto complesse, che spesso hanno dimensione sovranazionale o addirittura europea? Può una regione da sola affrontare le grandi sfide che ci attendono nel futuro prossimo, quelle trasformazioni epocali che investiranno l’Italia così come tutta l’Europa e per le quali il regionalismo non solo non servirà a nulla ma sarà perfino dannoso. Ad esempio, un tessuto produttivo nazionale alle prese con venti legislatori regionali diversi diventa più forte? Il moltiplicarsi delle burocrazie in che modo aiuterebbe le aziende a essere più competitive? Il rischio di “un’Italia di repubblichette” con una legislazione diversa ogni 100 chilometri è concreto, quando invece all’Italia serve più che mai uno Stato centrale in buona salute, che sappia, farsi valere in campo internazionale e svolgere a livello nazionale un essenziale ruolo di guida e coordinamento da un lato, di esecuzione dall’altro.
Notiamo peraltro che l’idea di autonomia differenziata del governo rappresenta un unicum a livello mondiale: non si tratta di federalismo - ove tutte le regioni/stati hanno le stesse competenze - ma permette invece alle regioni di prendere le competenze à la carte, come ordinare al ristorante: chi ne prenderà 4, chi 10, chi 17, costruendo in questo modo uno Stato arlecchino con decine di leggi e norme differenti a seconda della zona d’Italia, creando le condizioni per infiniti conflitti di attribuzione tra livelli di governo, confusione nelle legislazioni concorrenti, norme differenti in ogni regione. L’esatto contrario della semplificazione e chiarezza necessaria al Paese, oltre che un tradimento dell’interesse nazionale tanto sventolato - a parole - dal governo. È infine, gravissimo che nella proposta Calderoli, per una decisione che riguarda la nostra forma Stato, il Parlamento non tocchi palla.
Per tutti questi motivi non possiamo che sostenere in modo convinto la raccolta firme, avanzata dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, insieme ad Anpi, Libera, per una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per la modifica degli artt. 116 e 117 della Costituzione, ponendo paletti rigorosi al Governo e alle Regione e riaffermando le prerogative del Parlamento per tutelare l’unità giuridica ed economica della Repubblica. Si potrà firmare il 24 aprile dalle ore 20:45 presso lo Spazio Cesuola, in occasione dell’incontro sui campi dì concentramento e il 25 aprile, nel pomeriggio presso i Giardini Serravalle, in occasione della Festa della Liberazione.